SERAFINO CALINDRI A RIMINI 2°. Il porto nel 1700? un affare di Stato. Boscovich «torbidi» in città

STORIA DEL PORTO DI RIMINI. Il porto nel 1700. Un affare di Stato. Boscovich «torbidi» in città
Clemente XIII
Il porto riminese raccontato dalle lettere e gli scritti dei protagonisti principali Serafino Calindri, Giovanni Bianchi (al canonico Bandini), Ruggero Boscovich (a Calindri). Dopo il 1750 lo Stato della Chiesa, in sintesi, visse al suo interno lotte, alleanze e contrasti tra clero e ordini alla conquista del trono Pontificio, i veleni che circolarono nelle gerarchie per la conquista del potere, la lotta per l’abolizione dell’Ordine dei Gesuiti. Fatti e istanze che affiancarono localmente problemi economici dovuti alla cronica mancanza di fondi, alla carestia del 1764, non ultimo il risanamento delle casse dello Stato. Le vicende interne ebbero riflesso in provincia nei lavori al porto di Rimini dal 1763 al 1768 trovando una appendice nelle pessime condizioni del porto, nella inefficacia dei lavori e l'ingente sperpero di denaro pubblico. In un intervento pubblico del 1762, il riminese Giovanni Antonio Battarra sostenne come il Comune fosse stato raggirato da praticoni ignorantissimi senza la qualifica di idrostatici e di come si sprecasse il danaro pubblico  in lavori inutili. Battarra presentò un piano, il quale fu accolto ma malamente eseguito.

Pio VI
Nel frattempo le finanze dello Stato furono oggetto della riforma tributaria di due pontefici, iniziata con Benedetto XIV e l'allora tesoriere Giovanni Antonio Braschi, proseguì con Clemente XIII. «Ma l'accurato e organico lavoro del futuro Pio VI [Braschi] sarebbe stato impossibile senza la riforma della computisteria operata da Benedetto XIV. Difatti, in dettagliati calcoli allegati al “progetto” si faceva il conto delle spese statali, ponendo a raffronto la media del triennio 1744 - 46 (dopo la riforma della Computisteria) con quella del triennio 1764 - 66. In particolare, il bilancio del 1766 della Camera Apostolica era il seguente: 
 
Uscita 2.193.242.6.6

Entrata 2.121.499.0.0

Differenza tra le uscite e le entrate – 71.744.57». 
 
(Marco Corcione, Teoria e prassi del costituzionalismo settecentesco. Istituto di Studi Atellani, Napoli 2000).

Gian Francesco Stoppani Legato di Ravenna
All'inizio della vicenda al porto riminese Rezzonico era Papa Clemente XIII, il marchese Luigi Torrigiani Segretario di Stato, Giovanni Francesco Stoppani Cardinale Legato di Ravenna e soprintendente alle Acque delle tre Legazioni dal 1760. La solidale conoscenza tra Rezzonico, Stoppani e Torrigiani originò nella frequenza della Pontificia Accademia Ecclesiastica (1714 – 1716), emerse dopo il 1760 quando ricoprirono cariche importanti nel governo Pontificio. Le casse dello Stato registravano un deficit di bilancio di scudi 71.744.57 nel triennio 1764–66, tanto quanto s'era speso per il porto di Rimini nel decennio precedente al 1762. In due lustri le spese erano salite oltre 70.000 scudi. Le spese per gli ingenti lavori al porto riminese, invise al Governo dello Stato centrale che si trovò ad affrontare gli effetti della carestia del 1763-64.
Nei fatti del porto riminese la risonanza delle lotte interne al Clero romano. La vicenda ebbe origine nei sacri palazzi per l'opposizione alla ingente spesa sul bilancio dello Stato. Giovanni Bianchi, favorito dal cardinale Ganganelli e da parte dal ceto al governo cittadino, fece strenua opposizione all’Ing. Serafino Calindri, preferito da Clemente XIII e da una parte del ceto cittadino contrario agli sperperi e aperto alla cultura scientifica emergente.
L'escavazione del canale portuale decisa in principio dalla Deputazione, fu fatta dopo perentorio ordine del Sovrano (1763). Il contrordine alla escavazione con il prolungare i moli secondo le teorie di Bianchi, fu eseguito con il cambio di pontificato e l’ascesa al trono di Papa Ganganelli (1768). Da carteggi e “pareri” allora stampati, emergono contrasti economici, scientifici, ideologici nella conduzione dei lavori al porto riminese. Mentre era in atto la lotta degli stati europei e del Clero all'Ordine dei Gesuiti, Rimini fu coinvolta nel conflitto provocato dalle idee illuministe della evoluzione della scienza, protagonista la borghesia riminese, che ricopriva cariche amministrative cittadine e che a Roma era rappresentata in alcune cariche di rilievo. Furono interessati il Papa Rezzonico, prelati, legati, autorità cittadine insieme ad altri personaggi.

Nel 1764 Papa Rezzonico intervenne con autorità, rimosse direttamente i Deputati eletti alla Congregazione del Porto e nominò una nuova Deputazione. La vecchia Deputazione impedì l'insediamento della nuova approfittando del vuoto seguito alla morte di Stoppani soprintendente alle Acque delle tre Legazioni (1764) e dalla carestia. L'inerzia protratta per oltre un anno ostacolò l'escavazione del canale portuale approvata nella prima Congregazione l'anno precedente, poi decretata dal Papa. Rezzonico aveva ricoperto in passato la carica di membro della Congregazione alle Acque (Annuario Pontificio 1790, pag. 45), Stoppani fu soprintendente alle Acque delle tre Legazioni. Rezzonico, per mezzo del Segretario di Stato Torrigiani, preferì l'idrostatico Calindri per i lavori portuali. Il clima di trame, complotto e roventi polemiche che montò in città divenne pesante, Calindri lo descrisse puntualmente. Nel suo testo Del Porto di Rimino, al par. 11 riportò: «si arrivò persino ad impedire il proseguimento della escavazione perchè con un pieno lavoro non riuscisse di vederne i buoni effetti, e per restare in tal modo nel vantaggio di condannarla come una inutile provvidenza» e al paragrafo 12: «per solo capriccio mutarono sentimento, e si sono contentati di soffrire la vergogne di una patente leggerezza per genio di contradire e di prevalere». Di “torbido” clima cittadino scrive Boscovich in una lettera (datata 28 marzo 1770 in altra grafia): «Sento che il Sig. Card.
Vitaliano Borromei Cardinale 
Borromei far andare di qua una persona per dare il suo voto su codesto porto, e mi è stata nominata. A li è arrivato nuovo; perchè a mia notizia non ha alcuna idea dè porti benchè da qualche tempo sia adoperata per li fiumi [Mons. Antonio Cantoni che sostituì il 28 settembre 1767 il Card. Oddi arcivescovo di Ravenna deceduto. Da Memorie sacre di Ravenna. Antonio Tarlozzi, Ravenna 1852, pag.587]. Non dica, che io le ho scritto su questo: prego Iddio, che l'incontri bene, ma a mio giudizio, se incontra bene, ciò sarà un puro caso fortuito: la torno a pregare, che non mostri, che io le abbia scritto su questo. Avevo ben ragione io, q.do fui chiamato, da scrivere al Sig. Conte Garampi, che avevo difficoltà di venire per li torbidi, che mi si annunciavano, ed colà con lui non se li aspettavano».
Alla fine del Pontificato di Clemente XIII (1768) e all'inizio del Pontificato Ganganelli (1769), venne meno l'opposizione allo sperpero, cessata l'escavazione fino all'ora avversata con ogni mezzo, si tornò al solo prolungamento dei moli. 


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