Giovanni Bianchi (Iano Planco) va a Siena



Studiando la storia del porto riminese è inevitabile incontrare il medico anatomico Giovanni Bianchi, protagonista delle vicende del porto dopo il 1764. Planco volle farsi Idrostatico per aver scritto il De aestu maris, che Serafino Calindri, scrivendo a mons. Garampi, definì "un libbro da sardelle" (A. Mercati, Lettere di scienziati, p. 189) per la completa mancanza di cognizione scientifica. Scrivere in latino una sorta di trattato che parla di arretramento del mare in corrispondenza delle fasi lunari non incideva sulla soluzione alla pessima funzionalità portuale. Tra l'altro un testo dal titolo simile era già stato pubblicato nel secolo precedente da Theodorus Moretus. Singolare l'affinità, a partire dal titolo, di alcuni argomenti trattati quali il moto ondoso delle maree in relazione al moto lunare, a cui Bianchi sembra ispirarsi. Fermo restando che il libro di Bianchi è sotto forma di dissertazione, mentre il testo di Moretus è un trattato scientifico che affronta argomenti quali il magnetismo terrestre, il moto ondoso sua causa ed effetti, lo schiacciamento del polo terrestre, meridiani e paralleli.
 
Va altresì tenuto conto che l'argomento Aestu Maris aveva avuto ampia trattazione in molte pubblicazioni nel secolo precedente a Planco.



 

Kirchmajer sul flusso e riflusso marino, Dasenio, Hortius, Georg Stahl sul flusso e riflusso del sangue, forse Bianchi, da questo testo pretese che i medici fossero valenti idrostatici, al momento rimane una ipotesi senza prova certa. L'intraprendenza di Planco nell'affrontare argomenti conosciuti dal secolo precedente ed accrescere la sua erudizione  non finisce mai di stupire se consideriamo che alcuni argomenti dei suoi trattati erano già stati dati alle stampe molti anni prima o addirittura nel secolo precedente. L'esempio massimo è il De monstris, non stupisce che nel seicento prima Giovanni Giorgio Shenckio e dopo Fortunio Liceti, avessero già pubblicato sottoforma di veri trattati i loro De monstris. Non stupisce neanche la similitudine di alcune illustrazioni tra il testo di Shenckio e quello di Bianchi, del resto l'argomento mostruosità trovò nel seicento ampia trattazione.


 




















Non è escluso che Planco, nelle sue pubblicazioni, si ispirasse agli argomenti dati alle stampe dallo scienziato Jacopo Bartolomeo Beccari: le tavole barometriche, le meteore, le osservazioni sui foraminiferi, l'elettricità e il terremoto, tutti argomenti oggetto successivamente delle dissertazioni di Planco.

Planco, carattere polemico e acerrimo nemico con gli avversari, nel 1741 tentò a Siena la carriera accademica. Una storia che era semi sconosciuta, pur essendo Planco molto studiato e "pubblicato", incomprensibilmente non vengono riportate alcune vicende cruciali per la sua carriera di anatomico. Nel carteggio si evince che Planco è un personaggio che incarna vizi e vezzi degli italiani molto tempo prima che vi fosse l'Italia, vizi e vezzi attualissimi anche oggi. La propensione poco intellettuale e singolare all'autopromuoversi a discapito degli altri, l'attitudine ad affermare le proprie idee come fossero migliori e superiori. Probabilmente fu questa attitudine ad oscurare le buone qualità mediche che Planco aveva acquisito nel teatro anatomico dell'Università bolognese.

La prestigiosa Accademia Petrarca di Arezzo, sapendo che studiavo l'argomento, ha inserito nel suo programma una conferenza sul contenuto del carteggio Bianchi–Perelli invitandomi a relazionare sui documenti. Nel 1918 Ugo Viviani (1871–1944) Medico legale, psichiatra, cultore di discipline umanistiche, divulgatore di scienza, storia e letteratura, pubblicò le lettere di Giovanni Bianchi al Professore di origini aretine Tommaso Perellli (1701-1783). Perelli studioso di legge, fisica, medicina, astronomia e idrostatica, fu rinomato professore universitario di astronomia a Pisa, Direttore della Specola, tra i maggiori letterati del secolo. Giovanni Bianchi conobbe Perelli a Bologna forse nello studio della medicina con Beccari. Nel 1741 l'intercessione di Perelli procurò a Bianchi l'incarico di Notomista a Siena, una vicenda curiosa. La chiamata a Siena, scrisse Bianchi, avvenne senza alcun suo «maneggio». Ignaro, Carlo Tonini nel testo La cultura letteraria scriveva che “per quella nomina tanto più onorifica” si scomodò il Granduca di Toscana. Non fu così.

Ritratto di Giovanni Bianchi per l'Università di Siena
 
Le novità sono tante anzi tantissime, tutte nelle 22 lettere di Bianchi; fuochi d'artificio con botto finale, tre anni a Siena vissuti intensamente. Sono emersi i rapporti di Bianchi con l'Università, con i senesi, con i ministri e la Reggenza Lorenese. Tutti i “curiosi” aspetti del carattere di Bianchi, testimoniati dalla sua scrittura. Per Girolamo Carli prevalsero in lui l'affermare cose contrarie ai fatti, e la capacità di fare l'opposto di quanto promesso. Qualità che fanno di Bianchi un italiano ante litteram un secolo e mezzo prima dell'unità d'Italia. Nel carteggio sono assenti l'insegnamento, la pratica anatomica, la “sperimentazione” della nuova scienza medica dei “filosofi naturali” di scuola bolognese. Bianchi a Siena fu indomito promotore di se stesso in ogni disciplina, medicina, lettere, botanica, ecc... e considerò avversari chi non fu del suo parere.
 
Busta di una lettera indirizzata a Tommaso Perelli con calligrafia e sigillo di Giovanni Bianchi



LA RACCOMANDAZIONE
Il 20 aprile 1741 Perelli scrive a Bianchi “Io non ho esitato punto a nominare la vostra persona, e a entrargli mallevadore che voi corrisponderete a pieno all'intenzione di questi Sig.ri […]. Su tale mia informazione i medesimi si sono mossi ad offrirvi come fanno per mezzo mio la detta Cattedra coll'onorario annuale di 300 scudi [Perelli consigliò a Bianchi di trascurare le contese letterarie]. Il profitto degli scolari al quale unicamente si avrà la mira nello scaricarmi dal resto delle fatiche che non servono che per l'ostentazione e la boria letteraria. La “boria letteraria”, la stizza, la polemica, l'intolleranza dell’altrui nell’ambiente accademico e cittadino arrivò all'insulto reciproco e non fu gradito dalla Reggenza. A Siena criticò tutti, scriveva a Perelli che i Professori senesi erano «presunti letterati... molto ignoranti... molto incivili... uniti fra di loro come sorci passeri e galline». Gli studenti senesi erano «gioventù più disattenta e più scioperata... ingegni più che mediocri e più deboli di quelli del mio paese». Planco, rivolse una serie di insulti contro il Dott. Leone Pagliai e l’Accademia dei Fisiocritici unendo il ridicolo delle «corregge» al tragicomico della «scimmia». Girolamo Gigli letterato Accademico della Crusca «buffone». Colleghi, Letterati, cittadini «ignoranti e ribelli... che non erano capaci di rispondergli... pazzi cervelli». Delle donne «signorine senesi che si divertono onorevolmente, come quelle di costì [Rimini e Pesaro] con gli ufficiali che tengono in casa...ora in un prato fuori porta Camollia... si trastullano di vedere il semplice congiungimento dei montoni con le agnelle». Pompeo Neri Uditore, Consigliere di Stato, Segretario della Reggenza era «Uzidaros», taccagno, restio a pagare. I medici teologi del Granducato di Toscana «servum pecus». Bianchi pubblicò “Ioannes Blanco seu Ianus Plancus, Auctore Anonjmo” (in Giovanni Lami, Memorabilia italorum eruditione praestantium (Firenze, 1742), vol. 1, pp. 353–407.) contenenti anche accuse e maldicenze contro l'Università, i colleghi ed i letterati ma lodando se stesso. Tant'è che il 26 marzo 1743 fu costretto ad intervenire Neri Venturi, Senatore e Consigliere della Reggenza: “Fra le persone, che sono destinate con stipendi, e ricognizioni dalla Clemenza del Nostro Sovrano per insegnare ed istruire i giovini negli Studi delle Scienze, e belle lettere, e non per promuovere controversie, che tendono a turbare, et interrompere nel Pubblico quella quiete et armonia, che meritamente è a cuore al Governo, e che si vuole conservare, anco a costo di dovessi esemplarmente gastigare chi in avvenire tenterà o colle stampe, o con gli scritti o colle parole, l'altrui estimazione, e decoro offendenti, in qualunque maniera violarla. Nel partecipare a V. S. Ill.ma questi Sentimenti dè Superiori, la prego in oltre a compiacersi di rendersi di rendergli palesi a tutta la città, affinchè in futuro ciascuno possa guardarsi dal trasgredire verso i Suoi Colleghi, e Concittadini i limiti dell'onesto, Sicuro di riportarne col diverso contegno inevitabilmente il vigoroso conveniente gastigo”. Bianchi fu costretto alla ritrattazione.



Girolamo Carli scrisse che Bianchi a Siena «non incontrò molto il genio di que’ Cittadini». Nel libro De vescicatorj Bianchi la definì una “gita” a Siena. Una “gita” iniziata senza buoni auspici, qualche mese prima a Cortona cadde dal calesse, si curò la contusione alle costole con il salasso ed altri rimedi. La galenica pratica terapeutica del salasso a sostegno della “teoria umorale” di Ippocrate, trasformata in un rimedio universale ad «uso degli antichi» ai quali spesso si rifà Bianchi. Fu l'inizio della carriera dell’insegnamento nella pratica dell'anatomia, attesa per 20 anni dopo la laurea ma il tentativo finì con l'abbandono e il ritorno a Rimini. In conclusione Pompeo Neri non pagò le ultime tre terzerie, Bianchi a corto di moneta per aver anticipato 100 scudi per la ristampa del Phitobasano ritornò in patria ma continuò a chiedere a Perelli anche negli anni dopo il 1760 le tre terzerie che non ebbe mai. Carli scrisse che partì caricando i muli e attraversando gli appennini; forse passando per Pisa e Lucca visto il lasciapassare del 29 agosto 1744 conservato in Gambalunga. L'esito fu subito noto al mondo dei letterati, Ludovico Antonio Muratori informato dall'Abate Giuseppe Pecci, da Modena il 6 aprile 1743 scriveva “d'aver udito con dispiacere quanto ella mi ha notificato intorno al poco buon esito del signor Dottore Bianchi. Non l'ho mai praticato”. Il 12 luglio 1743 “Con dispiacere (bisogna che lo confessi) ho inteso la dissensione fra voi altri signori e il signor dottore Bianchi con tutte le conseguenze; perchè veggo di mal occhio i letterati in guerra fra loro; guerra, dico, che riguarda non qualche utile punto di letteratura ma la depressione l'un l'altro. Certamente gran difetto è l'alterigia in un letterato; e se peccasse in questo il signor Bianchi, sarebbe poco compatito […] sia detto a lei in confidenza: costì è persona, da me non conosciuta, che voleva scrivere contro di lei”. Purtroppo l'esuberanza di Bianchi gli procurò molte avversità, Muratori compreso e non fu nè il primo nè l'unico. A Perelli dopo il 1750 chiese insistentemente e invano, oltre l'intercedere presso l'Uditore Pompeo Neri per il pagamento delle tre terzerie una nuova intercessione per l'insegnamento a Siena e a Pisa. Al Ministro conte di Richecourt e al Sovrano scrisse personalmente e chiese una pensione. In tarda età propose l'acquisto della sua collezione di monete antiche ai senesi in cambio di una abitazione da adibire a museo per la sua restante collezione e del sostentamento per il calesse a cui si dichiarò era abituato oramai da 20 anni. Nel 1763, con Planco oramai lontano dall'insegnamento dell'Anatomia a Siena, fu associato all'Accademia dei Fisiocritici insieme a tante altre associazioni a numerose Accademie. 

Attualmente non è ancora emerso per mezzo di quali intercessioni ottenesse i numerosi riconoscimenti accademici dall'Italia e dall'estero, pur senza ottenere ulteriori incarichi nell'insegnamento universitario o nella pratica anatomica. Sappiamo però che sul trono di Roma sedeva il suo ex allievo ed amico Papa Ganganelli che molto lo favorì sin dal lontano 1752 quando era Consultore del Sant'Uffizio, fino alla nomina a vita di medico primario, al raddoppio del vitalizio, alla cappa cardinalizia, non ricordo dove ho trovato scritto "mantello paonazzo".


Questo studio è il risultato di alcuni anni di ricerche nei maggiori archivi e prestigiose biblioteche d'Italia, il frutto è portato alla conoscenza di tutti. Non copiate, non rubate il suo contenuto, se necessario chiedete l'autorizzazione.  
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