Benedetto Croce Silvio Spaventa

ZIO E NIPOTE SENZA ONESTÀ

I guasti, morali, intellettuali, civili prodotti dal deportatore Silvio Spaventa Suo fratello Beltrando e loro nipote Benedetto Croce (vissuto per alcuni anni in casa di zio Silvio dopo il terremoto di Casamicciola in cui perirono entrambi i genitori) sono incommensurabili per la civiltà di un paese che si rispetti.
Croce nel suo scritto "Un paradiso abitato da diavoli"  
(Adelfi, curato da Giuseppe Galasso), come alcuni secoli precedenti sosteneva il Piovano Arlotto, vede Napoli abitata da uomini «di poco ingegno, maligni, cattivi e pieni di tradimento» cammina su un bordo del verosimile, del men vero e del biasimo, Croce si nasconde con il «verissimo per far che sia sempre men vero» coltiva l'illusione di non cadere nel baratro oscuro in cui, forse, era già caduto da giovane, venendo a conoscenza dello zio deportatore e caronte di civili meridionali in luoghi di relegazione. L'abominio della tirannide sui simili e soprattutto meridionali?
Su Benedetto rimane una ipotesi ben nascosta dietro un indizio di natura psicologica, i "diavoli", il male.
Che Croce cercasse di esorcizzare i fantasmi dei segreti inconfessabili ereditati dai suoi due zii Silvio e Beltrando? quegli stessi inconfessabili segreti che si portò nella tomba?
Croce in "lettere Politiche" che aveva letto senz'altro, risponde al curatore G. Castellano che a Silvio premeva "La morale di coloro che hanno le mani nel governo". Il libro contiene la lettera di Silvio al fratello Beltrando (1862) in cui affermava di "avere un piano" e di averlo sottoposto al re.
Il piano che da segretario dell'interno avrebbe attuato personalmente (1863). 
Molti continuano a credere e a vedere Croce in un ruolo morale, intellettuale, filosofico, ancora non siamo pronti ad ammettere:
- che Silvio fosse un deportatore (da segretario del ministero dell'interno, a capo della Div. I Sez. I), 
- che Beltrando lo sapesse perché Silvio lo informò, 
- che Croce lo ignorasse volutamente. 
Per ora si continua ad ignorare la gravità dei fatti e fare finta che non sia vero. Nel surrogato di idee e cultura, dietro il quale si nascose Benedetto Croce temendo il male, trionfa l'ignavia e il falso.
Croce e hegelismo: "la conoscenza si produrrebbe allora attraverso processi di mediazione dal particolare all'universale, dal concreto all'astratto, per cui Croce afferma che la conoscenza è data dal giudizio storico"
Si rifugia "nell'astratto" ma siamo arrivati al punto in cui lo stesso giudizio storico, dopo la scoperta della DEPORTAZIONE, ideata e messa in atto dallo zio Silvio li condanna senz'appello all'abominio.

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