CLEMENTE XIV - Sovrano e Pontefice

CLEMENTE XIV
La singolare figura storica del Pontefice Clemente XIV trovò una contrastata collocazione in un periodo storico dove la cultura scientifica e le idee illuministe ebbero travolgente ampia divulgazione. L'evoluzione delle idee, delle dottrine, della cultura, del pensiero umano furono avversate da Clemente XIV, sin da quando era Consultore del Sant'Uffizio. Non ufficialmente contrario stando alle lettere rivolte a L.A. Muratori, nella sostanza fu ideologicamente contrario. All'opposto della dilagante corrente illuminista, fu fervente fautore del pensiero individuale. Il testo Vita di fra Lorenzo Ganganelli  rivela la dottrina praticata ed insegnata dal Pontefice, lo Scotismo, controcorrente all'onda evolutiva in un secolo di profondi, indissolubili, cambiamenti storici, filosofici, scientifici, sociali.

Sin dagli anni della formazione "Successivamente fu fatto passare a Pesaro, a Recanati, a Fano, e a Roma stessa per istudiarvi la Filosofia, e la Teologia, e si applicò a questa doppia scienza con quella differenza, che dee mettersi tra ciò che inalza l'anima, e ciò che diletta lo spirito. Allorchè di scolare divenne Maestro insegnò lo Scotismo, tal quale esso è; ma con aggiunta di riflessioni, che ne combattevano le opinioni, o che ne facevano vedere la singolarità. I suoi discepoli lo ammiravano non meno di quel che lo amassero. Egli inspirava loro pensieri sublimi, spogliandogli di tutto ciò che si chiama spirito Fratesco". 
Tratto da: Vita di fra Lorenzo Ganganelli

 "Il sistema filosofico sviluppato dal francescano beato Duns Scoto viene chiamato 'scotismo'. Si differenzia dal 'tomismo', frutto dell'opera di san Tommaso d'Aquino (1225-1274), perché riconosce il primato dell'amore e della volontà su quello della conoscenza e dell'intelletto. Anche in campo teologico lo scotismo apporterà una visione nuova e - per molti versi - piú aderente alla struttura personale dell'uomo: la realizzazione definitiva dell'uomo - in Scoto - consiste primariamente nell'amore (e non nella visione) di Dio. È a Duns Scoto che si deve la dottrina dell'Immacolata Concezione di Maria [...] Altra problematica tipica nello scotismo è quella degli 'universali" (problema degli universali): constatato che la realtà creata ha come caratteristica l'individuale [...] La posizione di Scoto sull'individuazione invece consiste nel negare ulteriormente la sua attuazione nella materia signata tomista e nel formulare un altro principio, l'hecceitas (l'essere questo e non altro), che si pone oltre la materia e la forma e ne costituisce un'ultima e finale realtà. http://www.internetsv.info/Scotismo.html 


Come in ogni Conclave la nomina del nuovo Pontefice è preceduto da "fasi" preparatorie principalmente dettate dall'anzianità o dallo stato di salute del pontefice in carica. Nel prepararsi all'ascesa al soglio Pontificio, appena nominato Cardinale, Ganganelli scriveva:
«O miei libri! o mia cella! Io so quel che lascio e ignoro quel che vado a trovare. Oh Dio! Quanti importuni verranno a farmi perdere il mio tempo: quante anime interessate verranno a rendermi finti omaggi! 
Rispetto a voi, mio caro amico, perseverate nella virtù. Quando si è sinceramente virtuosi, siamo superiori a tutte le dignità; la perseveranza non è promessa se non che a chi diffida di sè stesso e a chi fugge le occasioni; chiunque ha della presunzione deve temere le ricadute».  
Pensava alle potenti corti europee quando scriveva:
«Quando penso che i fogli pubblici si degneranno occuparsi di me e far passare il mio nome di là dalle alpi per far noto alle diverse nazioni, quando avrò la micrania, quando mi farò cavar sangue, ne rido per compassione. Le dignità sono dei lacci stati brillantati perchè uno vi si lasci prendere. Quante poche persone conoscono i disgusti della grandezza! non si appartiene più a sè stessi, ed in qualunque maniera si operi si hanno sempre dei nemici».

Poi scriveva al Cardinale Cavalchini:
«Le sue raccomandazioni (scriveva il cardinale Ganganelli) sono comandi; ed io non dormirò tranquillamente fino che non abbia eseguito i di lei ordini. L'Eminenza Vostra non potrebbe mai abbastanza somministrarmi occasione per confermarle tutta l'estensione della mia stima e del mio attaccamento, mentre nel divenire suo confratello divengo ancora più che mai suo servitore.Sarebbe a proposito che noi facessimo una conferenza particolare sopra ciò che riguarda gli affari della Chiesa, perchè ella è infinitamente zelante pel bene della religione, e quello è il solo oggetto di cui debbo occuparmi. Noi non siamo cardinali per imporre col fasto, ma per essere le colonne della santa Sede; il nostro rango, il nostro abito, le nostre funzioni tutte ci ricordano che fino all'effusione del nostro sangue dobbiamo impiegarci secondo i disegni di Dio e i bisogni della Chiesa, per venire in soccorso della religione[...] Conosco la sua pietà e i suoi lumi, e son persuaso che a tempo e luogo ella saprà parlare senza alcun timore. Si tenta di far prendere al santo Padre degli impegni dei quali potrebbe pentirsi, perchè dopo la morte del cardinale Archinto non sono più i medesimi uomini quelli che gli sono attorno, e ciò può produr le conseguenze le più disgustevoli. Non si dipende più dalla santa Sede come una volta, e la prudenza richiede che si abbia riguardo ai tempi e alle circostanze. Gesù Cristo nel raccomandare ai suoi Apostoli « di essere semplici come colombe» aggiunge «e prudenti come serpenti». Un passo inconsiderato per la parte di Roma in tempi tanto critici potrebbe dare occasione a molte dissensioni. L'istesso Benedetto XIV, ancorchè sì abile a conciliare gli spiriti, si sarebbe trovato imbrogliato; ma si sarebbe ben guardato dal ledere il diritto delle corone. 
Ciò che noi abbiamo da trattare è delicato; non bisogna urtare nè il santo Padre, nè il suo consiglio, e prendere non ostante delle misure perchè egli non porga orecchio a tutto ciò che gli vien detto. Siccome egli non ha che pure intenzioni, non teme che alcuno possa ingannarlo. Dovrebbe almeno bilanciare i vantaggi e gl'inconvenienti di ciò che gli si vuol fare intraprendere».
.Il conte di Cagliostro ed il frate Lorenzo Ganganelli. Franco Mistrali, Milano 1865.

Le cure del Dott. Giovanni Bianchi di Rimini non ebbero esito positivo, procurarono un ulteriore aggravamento in quanto «insensibilmente prodotto nel S, Padre un marasmo universale»

«Con tutto il suo eroico coraggio però non fu possibile impedire, che non si facessero sentire al travagliato Clemente dolori acerbissimi nel basso ventre, un affannoso impedimento delle orine, ed oltra a ciò una sonnolenza grave e molesta. Prima di palesare ai Professori lo strano cambiamento di sua salute, non avea trascurato di prendere da se stesso quelle precauzioni e rirnedj, che potessero liberarlo da una morte più accelerata; e ciò probabilmente si raccoglie dall' essere state trovate nelle sue tasche dopo la morte alquante pillole antisettiche, delle quali fu creduto che avesse fatto grand' uso. Nondimeno la malattia del Papa essendosi fatta tanto seria e pericolosa da non potersi più nascondere, allora fu che il Dottor Saliceti, mtormato distintamente di tutto l' occorrente, ne prese grande il pensiero, ed ordinò al Pontefice l uso dei bagni. Furono eseguiti i comandi del Medico, ma senza giovamento alcuno: per lo che fu deliberato, coi parere eziandio del Dottor GiovanniBianchi di Rimini, (benchè corresse quella stagione nel più gran calore dell' estate) che se gli dovesse eccitare un' abbondante traspirazione. Tutto ciò per altro avendo insensibilmente prodotto nel S, Padre un marasmo universale, condusse alla fine di Luglio del suddetto anno il nostro sventurato Clemente ad un segno così lagrimevole, che non sembrava più corpo umano, ma a guisa d' un' ombra che si muovesse. Le sue ossa erano tanto ammollite, e tendenti allo sfacimento, che si sarebbono potute paragonare ad un albero offeso nelle radici, il quale s'appassisce, si spoglia della sua scorza, e perde a grado a grado la sua consistenza.
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Ma a misura ch' Egli si sentiva morire lentamente, raddoppiava al Cielo i suoi caldi sospiri, preghiere, e finanche le sue fatiche. Era giunto al principio del mese di Settembre, quando il S. Padre, non ostante i progressi del male, da cui era continuamente consumato, si persuadeva ch' avrebbe forza bastante per sostenere il viaggio a Castel Gandolfo. Avvezzo ad affrontarsi con la morte per lo spazio di cinque mesi, ch' erano già precorsi fino a questo tempo, nell' atto medesimo, che non dubitava d'esser vicino a morire, operava Egli con un valore sorprendente, come se fosse stato d' una' sanissima robustezza. Nondimeno il coraggio degli uomini, che sono combattuti da un indomabile nemico, che internamente gli distrugge, giugne in fine ad un punto, quando la natura è costretta a soccombere. Il dì otto pertanto del suddetto mese fu quel momento pel S. Padre, che superò il suo valore, e quando la fralezza dell' umanità alla ferocia dell' atrocissimo malore si dette per vinta.
Avvicinandosi la prima aurora del giorno 22. prese Egli un Crocifisso in mano, e prima fissando m quello le moribonde sue luci, fece conoscere, che le preghiere tanto più intense facevansi quanto era più vicino l' ultimo momento di partire da questa vita; e quindi proruppe in tali significanti espressioni, "che sebbene fosse a notizia sua la qualità del fierissimo malore che l' uccideva, e d' onde fosse ingiustamente venuto, Ei lo soffriva tuttavolta di buona voglia, e perdonava con ampiezza di cuore a' suoi uccisori per amore di quel Cristo, da cui sperava Esso pure la misericordia, il dono della finale perseveranza, e 'l sempiterno riposo." In questi medesimi momenti fu detto ch' Egli con generosità sorprendente protestasse a chi poteva poi pubblicarlo, che accordava la facoltà a qualunque ordinario Sacerdote d' assolvere nel foro di coscienza l' autore dell' atroce misfatto eseguito contro la sua sacrosanta Persona.
Finalmente alle ore 13. della medesima mattina placidamente rese l'anima sua benedetta al Sovrano Creatore, in età d' anni 70. in circa, dopo anni cinque, mesi quattro, e giorni tre di glorioso e memorando Pontificato, e dopo aver dato illustri saggi delle più eccelse virtudi, e della veramente Cristiana sua perfezione. Così morì Lorenzo Ganganelli e Sommo Pontefice Clemente XIV., avendo già sperimentato tutto ciò che la prosperità ha di più grande, ed insieme di più tempestoso, lasciando nella sua vita un modello a' tutti suoi Successori, che vorranno saggiamente regnare, e nella sua morte una lezione a quegli Eroi Cristiani, che si dispongono a ben morire».

Tratto da: Vita di fra Lorenzo Ganganelli  (pag. 20)



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